MADAGAGASCAR CHE SUCCEDE ?

di Marco Sacchi

18 marzo 2009

   I fatti che sono successi in Madagascar tra il febbraio e marzo 2009 devono essere visti nel quadro della contraddizione imperialismo/popoli oppressi, contraddizione che si sta fondendo con quella borghesia/classe operaia.

    Colonia francese dal 1896, indipendente dal 1960. Diversi movimenti nazionalisti malgasci hanno preceduto l’indipendenza del paese, il più famoso è senza dubbio il Movimento Del Rinnovamento Malgascio, che ha diretto l’insurrezione contro i colonialisti francesi del 1947 (si conteggiarono ufficialmente 80.000 morti)

 

[1].

 

Questo movimento era guidato dai Merina, etnia degli altopiani

 

[2].

 

Poiché storicamente i Merina sono stati l’etnia dominante nel Madagascar, il colonialismo francese ha favorito, le divisioni etniche all’interno del paese, incoraggiando e favorendo le altre etnie.  

   Nel 1960, dopo l’indipendenza del paese, sorse una sorte di società segreta il Club 48

 

[3]  

 

creato da capitalisti malgasci e dalle grandi imprese francesi per salvaguardare i loro interessi. A questo club aderivano anche ufficiali, militari, giuristi e avvocati. Gli aderenti a questo club saranno protagonisti a vario titolo alla vita politica del Madagascar.

   Tutto ciò a origine dal fatto che nei paesi dipendenti, lo sfruttamento imperialista, nelle forme più raffinate, tende ad assumere la forma di prestiti concessi a stati formalmente indipendenti, ma la sostanza sta appunto nella classe che detiene il potere, è rappresentata dalla borghesia compradora cioè dalla frazione di borghesia più direttamente legata agli interessi del capitale straniero e che non può utilizzare a suo piacimento i prestiti erogati.

     Non è un caso è che sotto l’ex presidente Didier Ratsiraka, che mantenuto il potere per 25 anni (e per un certo periodo alla fine degli anni ’70, sotto una veste “socialista”, “antimperialista”), ha spalancato le porte del paese ai capitali francesi, assicurando alle società pubbliche e private francesi il controllo delle infrastrutture del Madagascar. Durante il suo periodo di governo il Madagascar aveva contratto un debito superiore ai 4 miliardi di dollari. Oltre i due terzi degli investimenti in Madagascar sono francesi, che controllano in parte la Telecom malgascia (Orange, France Telecom e Group Bourbon), le società minerarie con JC Mitterrand e l’industria dei trasporti con il gruppo Bolloré, e poi il petrolio (Total), i lavori pubblici (Colas), l’acqua (Veolia) e con Société Fraise.

   Il Madagascar è un’isola ricca di minerali (carbone, bauxite, ferro, cromite), di pietre preziose o semi-preziose (rubino, zaffiro, smeraldo). Produce legnami, frutta, legumi e spezie che sono un prodotto di esportazione ad alto valore aggiunto. Sono notevoli anche le risorse marittime e della pesca, quella di altura e di acqua coltura. Apprezzabili gli zebù.    

   Ravalomanana il presidente deposto, è un industriale caseario. Andato al potere, sotto la bandiera della lotta alla corruzione, cominciò una politica di privatizzazioni selvagge, con il sostegno del Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’Unione Europea

 

[4] .

 

   Così mentre il popolo malgascio continuava a far la fame, le multinazionali straniere si appropriavano dei suoi tesori: il petrolio, come si diceva prima, finiva alla francese Total, la bauxite e l’alluminio alla sudafricana Exxaro, il carbone all’australiana Island Minerals, e infine il nichel e il cobalto alla canadese Sherritt.  Le estrazioni avvengono come sempre senza alcun rispetto del ricchissimo ambiente malgascio, devastando allegramente foreste e habitat di specie preziose e in via di estinzione.

   Come ciliegina finale Ravalomanana (che l’Independent lo paragonava apertamente a Berlusconi) decide di cedere, l’uso di metà del territorio coltivabile alla multinazionale Daewoo.  Si trattava di 1,3 milioni di ettari che alimentavano quattro milioni di persone, e la Daewoo li riceveva in dono limitandosi a ricambiare con “infrastrutture” (le italiche grandi opere).

   Alla fine i malgasci si sono ribellati a tutto ciò, l’attuale presidente è un ex dee-jay, non certamente un comunista, ma il fattore importante sono le masse che si sono messe in moto.

 

  



[1]

 

C’è da ricordare, che nel governo francese all’epoca faceva parte il Partito Comunista Francese (PCF). Il PCF partecipò ai governi che repressero ferocemente l’insurrezione in Algeria a Setif (1945), cominciò la riconquista coloniale in Indocina (1946) e appunto la repressione in Madagascar (1947). Il veleno revisionista era dentro i partiti comunisti occidentali già da allora.

[2]

 

I Merina è il più grande gruppo tribale del Madagascar, l'insieme delle regioni occupate da questo popolo è detta nazione Merina. La loro lingua è la lingua ufficiale del Madagascar e viene quindi chiamata comunemente malgascio (malagasy); in alcuni contesti, però, specie se posta in relazione ad altre lingue e dialetti dell'isola, essa viene ancora chiamata lingua Merina. Fra la fine del XVIII° secolo e la fine del XIX° secolo i Merina portarono a termine un processo di unificazione che assicurò al Regno Merina la supremazia sulle altre etnie (in particolare i Sakalava  che erano precedentemente in posizione predominante).

 

[3]

 

Fonti sul club 48 http://www.resistenze.org/sito/te/mg/pomg9c17-004691.htm

 

 

[4]

 

E di certi “comunisti”, in realtà revisionisti come quelli dell’Ernesto. Leggo sul loro sito www.resistenze.org un apologia del presidente deposto, in quanto industriale che reinvestiva i profitti nel paese. La tipica politica revisionista (e filo imperialista) di sostegno alle cosiddette borghesie nazionali.