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Vorrei cercare di chiarire la mia posizione sulla scienza, qualche volta potrei apparire "antiscientifico" per le continue critiche sui risvolti dell'attività scientifica.

Parto dal fatto che non ritengo che ci sia una "scienza pura". Questa nozione non è che altro astrazione, una scappatoia ideologica che ricopre e nasconde la subordinazione reale della ricerca scientifica al dominio capitalistico su tutta l' area della scienza e la strumentalizzazione di fatto ai fini del potere e del profitto.

La scienza è una dimensione della storia: quindi non può esistere una scienza autonoma dalla storia. Dalla rivoluzione industriale del secolo XVIII° in poi questo è una dato di fatto. La rivoluzione borghese è stata anche una rivoluzione scientifica.

Ritengo mistificatorio depurare la scienza dall'ideologia borghese (che è comunque usata per deformare e mistificare lo sviluppo scientifico), ma bisogna combattere la sussunzione di essa da parte del capitale. Non tanto il capitale che frena lo sviluppo delle scienze e il proletariato che le favorisce (questo è un aspetto pensiamo ai brevetti che sono funzionali ai vari monopoli capitalisti), bensì al capitale che tende a sviluppare la scienza come "scienza del capitale". Il punto di vista rivoluzionario lotta sul terreno della scienza stessa per evidenziarne in ogni lo sviluppo la contraddizione tra scientificità e distorsione prodotta dalla finalizzazione inerente alla ricerca del profitto. La contraddizione non è dunque solo fra scienza e ideologia, ma dentro la scienza stessa, contraddizione tra i due termini - scoperte sempre nuove e più approfondite e sussunzione sempre più sistematica e diretta da parte del capitale.  Questa contraddizione è dentro la contraddizione generale tra le forze produttive moderne e i rapporti di produzione. Perché dico forze produttive moderne? perché, nella fase imperialista del capitalismo, i singoli lavoratori e le singole unità lavorative costituiscono un unico organismo economico, hanno ormai assunto un carattere collettivo. La contraddizione tra carattere collettivo delle forze produttive e i rapporti di produzione  rende il dilemma "socialismo o barbarie" quanto mai attuale, perché le distruzioni (nella società, nell'ambiente naturale ecc.) che nell'epoca attuale accompagnano lo sviluppo delle forze produttive, hanno la causa che esse operano nell'ambito del rapporti di produzione capitalista.

La classe operai, spezzando la sussunzione della scienza nel capitale, eliminerebbe il processo di ideologizzazione a questo connesso e darebbe la possibilità non di un generico sviluppo della scienza, ma della ricomposizione di tutto il sapere umano, perché si ricomporrebe, nell'ambito del processo di estinzione delle classi sociali, la divisione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale.

Questa possibilità storica non deve essere attesa come una professione di fede (attendere la rivoluzione come si aspettasse un messia) ne tanto meno come una professione di fede, ma deve essere colta nella lotta nel campo delle cognizioni scientifiche, nella critica delle distorsioni e mistificazioni della scienza tutto ciò in stretta corrispondenza alla lotta rivoluzionaria della classe operai (e del resto delle masse popolari). 

Da qui l' importanza del marxismo. Nella lotta di classe e nello sviluppo di questa l' adesione al marxismo pone come necessità materiale (non come atto di fede, non come i vari grupetti o i vari pseudo integrali che solo l' adesione al programma comunista può aprire la strada delle rivoluzione della serie abbracciate la nostra religione laica se volete il surrogato terrestre del regno dei cieli) ma perché il marxismo è capace di studiare a fondo le condizioni storiche e dare alla classe oppressa la coscienza delle condizioni e della natura della sua propria lotta rivoluzionaria. E' nella realtà dello scontro fra le classi che nasce la necessità oggettiva per i settori di avanguardia l' adesione a un programma di cambiamento radicale della società: non l' idea forza, ma la forza dello sviluppo della realtà che conduce a questa idea.

Diceva Marx nei Grundrisse "L' accumulazione  della scienza e delle abilità delle forze produttive generali del cervello sociale rimane così, rispetto al lavoro, assorbita nel capitale e si presenta perciò come proprietà del capitale, e più precisamente del capitale fisso, nella misura in cui esso entra nel processo produttivo come mezzo di produzione vero e proprio....Il pieno sviluppo del capitale ha quindi luogo...solo quando... l' intero processo di produzione non si presenta sussunto sotto l' abilità immediata dell'operaio, ma come impiego tecnologico della scienza. Dare alla produzione carattere scientifico è quindi la tendenza del capitale e il lavoro immediato è ridotto a semplice momento di questo processo".

Perciò bisogna, a mio modesto avviso, la critica alla cosiddetta "neutralità" della scienza, alla sua presunta separazione dal sistema economico sociale in cui si sviluppa.

La scienza nata come liberazione dal mito, appropriazione da parte dell'uomo di se stesso e della natura, non è riuscita a sottrarre l' uomo ad una società irrazionale. Con la religione condivide il gusto e la necessità dell'esoterimo, oggi rappresentato dalla chiusura in varie sette della comunità scientifica, dai linguaggi sempre più complessi delle varie scienze e dalla sua estraneità ai bisogni reali e agli interessi reali delle masse popolari.

La scienza oggi è una scienza borghese in quanto rafforza il dominio di classe della borghesia (e gli sviluppi scientifici tecnologici servono a rafforzare tale dominio), il nuovo sapere deve essere completamente diverso deve partire dl basso, deve nascere dalle esperienze operaie e popolari, deve essere al servizio delle masse popolari, dei lavoratori, la conoscenza scientifica deve permettere di lavorare meno e con minor fatica.

 

Marco Sacchi luglio 2008